Di Luca Bacchi La seconda sera di digiuno è passata agevolmente. Sono andato a letto presto: appena rientrato mi sono lavato, ho fatto alcuni lavori in casa, poi ho bevuto una tazza di brodo di verdura, lo stesso della sera precedente. Sento la mente lucida e meditare è molto semplice; non mi "abbiocco" come capita quando mangio normalmente. Prima di andare a letto ho meditato e mi sentivo centrato, stabile, in pieno controllo di me stesso. Ho messo alcune gocce di olio essenziale di lavanda sul cuscino e mi sono coricato. La lavanda mi aiuta a entrare nel sonno con maggiore profondità. Al risveglio è come una riemersione dall’oceano dei sogni, che in questi giorni sono tanti e molto intensi.
Al mattino del terzo giorno mi sento in forze. Ho fame: lo stomaco mi lancia alcuni segnali, ma percepisco anche che in qualche modo si sta rimpicciolendo, come se ora non riuscissi più a contenere le quantità di cibo che solitamente mangio. Inizio così a pensare a quando riprenderò a mangiare, e con quali quantità, per rientrare gradualmente nella dieta ordinaria. La giornata trascorre senza particolari debolezze, a parte qualche giramento di testa, soprattutto quando mi alzo improvvisamente da una posizione chinata. In queste circostanze la vista si annebbia un po’, ma poi tutto torna alla normalità. Continuo a bere acqua e oggi pomeriggio vi ho sciolto dentro un cucchiaio di zucchero. Mi sento "magro", nel senso che ho la percezione di aver perso qualche chilo in soli tre giorni. Non so se sia solo una sensazione, ma i vestiti mi sembrano più larghi, soprattutto i pantaloni. Sicuramente ho perso un po’ di peso, ma non avendo la bilancia non posso dire quanto. Alla sera del terzo giorno ho deciso di interrompere il digiuno, mangiando insieme al brodo di verdura anche le verdure con cui era stato preparato: bieta, carota, cipolla e cavolo, in piccole quantità, cotti e serviti nel brodo. Introdurre cibo dopo un digiuno è sempre un’esperienza mistica: qualunque cosa si mangi, il cibo acquista una dimensione sacra, diventa un “datore di vita”, un “salvatore”, e tutto il corpo si riaccende, esplodendo di gioia nel percepire con maggiore intensità i sapori. Lo stomaco ringrazia borbottando e lentamente si rimette in azione. Il digiuno insegna tante cose:
Appuntamento al prossimo digiuno.
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Di Luca Bacchi Come mi aspettavo, è arrivata la crisi di fame della prima sera, all’ora di cena.
Lo stomaco, ma non solo, ha iniziato a pretendere cibo. Tutto il corpo dava per scontata l’assunzione di cibo e, in automatico, si muoveva tentando di innescare le azioni di preparazione del pasto. Veramente, l’abitudine è come un pilota automatico. Mi chiedo cosa possa fare al nostro corpo un’abitudine che si ripete per 20 o 30 anni, o anche di più! Il nostro corpo si incastra in quell’abitudine, e ad ogni piccola variazione o imprevisto rischiano di spaccarci mentalmente, emotivamente e fisicamente. Anche le emozioni sono spesso abitudini che si ripetono sempre nello stesso modo. E così anche le malattie: a volte sono la conseguenza di abitudini malsane ripetute per decenni. Ecco perché diventa interessante osservare quali siano le nostre abitudini e cercare di cambiarle. Come un'allenamento: mantenerci elastici e capaci di sostenere “altre possibilità”. Il digiuno ha, tra gli altri, anche questo scopo: non dare per scontato il pasto, non dare per scontato l’orario del pasto, non dare per scontato il tipo di pasto. E così tutto il nostro essere si risveglia, riacquista maggiore elasticità e attenzione, e impara a gestire la novità. Il pomeriggio del primo giorno è passato tranquillamente, senza particolari crisi di fame. Poi la sera, come già detto, si è fatta sentire la necessità di ingerire qualcosa, con brontolii, senso di insoddisfazione, lamentele, mente inquieta, un po’ di nervosismo. Ovviamente ho mantenuto la rotta e non mi sono fatto abbindolare. Prima di andare a dormire ho bevuto una piccola tazza di brodo di verdure — solo brodo — e mi sono coricato. La notte è stata inquieta, piena di sogni movimentati e stimolanti, come se le mie esigenze fisiche cercassero soddisfazione almeno nel mondo onirico. Il senso di fame, durante la notte, ha lasciato spazio a un senso di vuoto "indifferente". Sentivo di essere vuoto, ma non cercavo di riempirmi: accettavo questa condizione. Ho dormito molto, essendo andato a letto presto. Al risveglio mi aspettavo un desiderio incontrollabile di fare colazione e invece nulla di tutto questo. Sì, c’era sempre un senso di vuoto, ma l’ho accolto con accettazione e serenità. Mi sono alzato e ho scaldato un po’ di acqua e orzo. Mezzo bicchiere. Sento lo stomaco brontolare di continuo, e sento anche i movimenti dell’intestino, che piano piano si svuota e si libera anche del cibo “passato”. Sono andato in bagno regolarmente ieri e anche questa mattina. Vediamo se sarà così anche oggi e domani. Avere una percezione maggiore dei propri organi digerenti è un'altro dei benefici del digiuno, è come se la nostra sensibilità e capacità di ascolto si acuisse. La sensazione è reale: il digiuno mi fa “tornare a zero”, mi fa tornare ad una condizione neutra, da cui poi potrò ripartire. Come un piccolo reset dal passato. Un primo passo per accogliere il nuovo che verrà. Come ulteriore pratica di pulizia, oltre al digiuno, sto eseguendo le irrigazioni nasali con la lota, introducendo acqua e sale nelle narici (vedi “lota”). La tradizione indiana ayurvedica invita a effettuare periodicamente pratiche di pulizia corporea come il digiuno, la pulizia del setto nasale o dell’intestino con i clisteri; tutto questo perché, per l’ayurveda, la pulizia non è solo una questione esteriore, ma anche interiore. Lavorare a digiuno è inizialmente un po’ spaesante, perché il corpo all’inizio appare debole, e se non siamo abituati potrebbe anche girarci la testa. Ma la minore forza del corpo è solo un’illusione: in realtà le nostre energie, durante il digiuno, tendono a crescere, assieme alla lucidità mentale. Certamente, per chi non è abituato, è bene evitare grandi sforzi, soprattutto se si percepiscono giramenti di testa, e concedersi un po’ di riposo in più del normale. Di Luca Bacchi Inizio oggi un digiuno di tre giorni dai cibi solidi.
Sento il bisogno di depurarmi nel corpo, nella mente e nelle emozioni. Dopo questa luna piena del 13 aprile, così intensa per me, ho bisogno di lasciare andare tutte le scorie che sento addosso, e dentro. Non è difficile digiunare tre giorni quando c’è una motivazione. Solitamente i digiuni falliscono per mancanza di motivazione, non certo per problemi di salute: il corpo umano può fare a meno del cibo per molto tempo, solo che non è abituato. Ho già digiunato per tre giorni: ero al fiume, dormivo in tenda... un altro contesto, forse più facile, perché non avevo il frigorifero e la dispensa a portata di mano. Digiunare in casa propria presenta qualche difficoltà in più, soprattutto per il fatto di trovarsi in un ambiente familiare, quindi a rischio di monotonia. E la monotonia spesso fa venire fame! Mi sono svegliato, cambiato e lavato. Dopo le “abluzioni” — come si dice in certi ambienti — mi sono dedicato alla preghiera, che per me adesso ha una forma molto essenziale, diretta, fatta di poche parole e molti silenzi. Offrire la giornata a ciò che per me è Dio mi rassicura e mi mette nella condizione di "colui che ha scelto di affidarsi" a qualcosa di più grande, che fa girare me e tutto il mondo. Voglio essere in armonia con ciò che fa girare il mondo: credo che sia questo il segreto della pace. Così ho rivolto la mia preghiera, pressoché silenziosa, al mio cuore, luogo in cui Dio si affaccia in ascolto, offrendo un incenso. Dopo la preghiera, solitamente, mangio. Ma oggi mi sono limitato a bere qualcosa di caldo: una tazza di orzo, nient’altro. Già adesso, all’ora della colazione, il corpo si aspetta del cibo: è come se lo stomaco, pochi minuti prima dell’orario stabilito, già aprisse le sue fauci da sé, per abitudine. E se io non introduco nulla, lui ci rimane male... e inizia letteralmente a brontolare. Già questo fatto è spunto di molte riflessioni, perché mostra con grande evidenza come il corpo umano si muova per automatismi: è come una locomotiva che posizioniamo su un binario, le diamo una direzione, e lei prosegue sempre su quel tracciato. Molte esigenze fisiche sono il frutto di abitudini consolidate negli anni: cambiare queste abitudini diventa quindi un vero esercizio fisico di elasticità corporea. La ripetizione blocca il corpo nelle stesse possibilità, e lui si fossilizza. Così, un cambiamento improvviso viene percepito come una rottura, proprio per mancanza di elasticità. Allora, così come cerchiamo di mantenere muscoli e articolazioni elastici con lo yoga o lo sport, è bene mantenere elastici anche lo stomaco, la mente, le emozioni… per non rischiare di diventare pezzi di legno secchi, che si spezzano facilmente. Lo stomaco brontola. Sta aspettando il suo cibo all’ora prestabilita. E io lo ascolto, lo rassicuro, ci parlo, spiegandogli che questo piccolo sacrificio ci renderà più forti, entrambi. Lavoro nell’orto. Sistemo la pacciamatura che i merli continuano a scavare, spostare e ribaltare sopra alle insalate. Le patate stanno iniziando a spuntare dal terreno: ho visto le prime foglie verdi proprio oggi. Do un po’ d’acqua al semenzaio, dove stanno crescendo zucchine e pomodori, ancora al riparo dal freddo delle notti di aprile. E lavorando, non penso alla fame. Non penso al cibo. Continuare le attività quotidiane anche durante il digiuno è importante, perché farle a stomaco vuoto è diverso: tutto prende una luce differente. Il fatto di essere a digiuno acuisce la mente, e il focus sull’attività è maggiore. Inoltre, non avere la preoccupazione di preparare da mangiare è una distrazione in meno. A stomaco vuoto si lavora decisamente meglio. Conosco bene la parabola del digiuno: inizialmente c’è l’entusiasmo di chi comincia, la voglia, la forza di partire. Poi arriva la fame vera, quella della prima sera. Rientrando dopo il lavoro, vedere la tavola vuota può mandarci in crisi, perché il nostro stomaco si aspetta il pasto. Io, la prima sera — non avendo fatto né colazione né pranzo — sento dentro di me un vuoto così totale che mi mangerei qualsiasi cosa. Immagino il bicchiere di vino accompagnato da formaggi e affettati come antipasto, poi una tagliatella, poi le patate al forno, il pane fatto in casa, eccetera eccetera. E una voce dentro di me inizia a farsi sentire sempre più forte e chiara. Solitamente dice cose tipo: “Perché non vai al ristorante qui vicino? Non devi neanche cucinare. Sei stanco. E poi lì spendi poco, ti conoscono, ti fanno pagare meno. Hai lavorato tutto il giorno, te lo meriti! Dai, cosa aspetti? Fatti una doccia e vai al ristorante…” Insomma, questa è la fase più difficile, perché è la prima sera di digiuno, e tutto il mio essere si aspetta il cibo. Poi accade che, resistendo — magari bevendo una tisana, facendo una doccia, andando a letto — supero così il primo giorno. Anche la mattina seguente è abbastanza difficile, ma poi, nel pomeriggio del secondo giorno, si inizia ad entrare in uno stato di “nuova normalità”, di accettazione che coinvolge corpo e mente. Da qui in avanti, le crisi di fame si riducono, fino a scomparire. Il terzo giorno, solitamente, è facile da superare: il corpo non chiede più con insistenza, e la mente si è stabilizzata. In questo digiuno mi aspetto le stesse dinamiche. Sono preparato. |
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Aprile 2025
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