Di Luca Bacchi Nel testo seguente tratto da "Ab Urbe condita", Tito Livio ci spiega come il secondo re di Roma, NUMA POMPILIO diede ai romani un lungo periodo di pace. La genialità di questo illuminato fu quella di comprendere la meccanicità dell'essere umano e la sua tendenza a ripetere in automatico ciò a cui è abituato, e quindi la necessità di dare al popolo nuove abitudini. Una sorta di riprogrammazione. Riuscì a mutare un popolo abituato alla guerra che risolveva i suoi problemi tramite il conflitto, in un popolo abituato alla spiritualità e alla continua ricerca di armonia tra mondo umano e mondo divino. Creò così degli ordini sacerdotali maschili e femminili e diede a questi sacerdoti grande potere e una grande formazione facendo in modo che all'interno della società coloro che si dedicavano alla ricerca dell'armonia con il mondo divino fossero considerati saggi e degni di onore, ammirazione e fama. Nacquero quindi dei modelli positivi per tutta la popolazione e fonte di grande ispirazione. Le nuove generazioni non si ispiravano più ai grandi combattenti ma piuttosto ai grandi sacerdoti cercatori di verità assolute e di armonia col divino. Nella storia sono presenti numerosi esempi di saggezza ai quali dovremmo ispirarci anche noi uomini moderni soprattutto in politica, perchè la nostra involuzione è evidente. Ecco il testo: "Roma era una città di recente fondazione, nata e cresciuta grazie alla forza delle armi: Numa, divenutone re nel modo che si è detto, si prepara a dotarla di un sistema giuridico e di un codice morale (fondamenti di cui fino a quel momento era stata priva). Ma rendendosi conto che chi passa la vita tra una guerra e l'altra non riesce ad abituarsi facilmente a queste cose perché l'atmosfera militare inselvatichisce i caratteri, pensò che fosse opportuno mitigare la ferocia del suo popolo disabituandolo all'uso delle armi. Per questo motivo fece costruire ai piedi dell'Argileto un tempio in onore di GIANO elevandolo a simbolo della pace e della guerra: da aperto avrebbe indicato che la città era in stato di guerra, da chiuso che la pace regnava presso tutti i popoli dei dintorni." [...] Quindi rivolse la sua attenzione ai sacerdoti: bisognava nominarli, nonostante egli stesso fosse preposto a parecchi riti sacri, soprattutto quelli che oggi sono di competenza del flamine Diale. Ma poiché riteneva che in un paese bellicoso i re del futuro sarebbero stati più simili a Romolo che non a Numa e sarebbero andati di persona a combattere, non voleva che passassero in secondo piano le attribuzioni sacerdotali del re. Quindi designò un flamine a sacerdote unico e perpetuo di Giove, dotandolo di una veste speciale e della sedia curule, simbolo dell'autorità regale. A lui aggiunse altri due flamini, uno per Marte e uno per Quirino. Inoltre sceglie delle vergini da porre al servizio di Vesta, sacerdozio questo di origine albana e in qualche modo connesso con la famiglia del fondatore. [...] Subordinò all'autorità del pontefice anche tutte le altre cerimonie di natura pubblica e privata, in modo tale che la gente comune avesse un qualche punto di riferimento e che nessun elemento della sfera religiosa dovesse subire alterazioni di sorta, dovute a negligenze dei riti nazionali o all'adozione di culti di importazione. Inoltre il pontefice doveva diventare un esperto e attento interprete non solo delle cerimonie legate alle divinità celesti, ma anche delle pratiche funerarie, di quelle di propiziazione dei Mani e dell'interpretazione dei presagi legati ai fulmini o ad altre manifestazioni. [...] L'attenzione per questi fenomeni celesti e la loro continua ricerca AVEVANO DISTOLTO IL POPOLO INTERO DALLA VIOLENZA DELLE ARMI, fornendogli sempre qualcosa con cui tenere occupata la mente: il pensiero incessante della presenza divina e l'impressione che le potenze ultraterrene partecipassero dei casi umani avevano permeato di pietà religiosa gli animi così profondamente che la città era governata più dal rispetto per la solennità della fede che dalla paura suscitata dalle leggi e dalle pene.»
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Settembre 2024
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