Di Luca Bacchi In un istante il cuore si è aperto e mi si è mostrata, in esso, l’origine mia che prima non conoscevo che non sapevo esistesse, unita a me eppur prima di me. In quel momento ho saputo di non essere assoluto ma derivato da altro a cui sono indissolubilmente legato una cosa sola. ma diversa. Da quell’origine ultima e prima, attraverso di me tutto il mondo si dispiega. Dal Padre attraverso il Figlio tutto è creato. Ero assolutamente certo di essere assoluto, mi percepivo in maniera assoluta, ma poi sono esploso, e ho visto la Verità che mi permette di esistere. Prima ero assoluto si, ma lo ero per il mondo la fuori, lo ero da qui in avanti, perchè il mondo la fuori esiste solo in relazione a me. Non sapevo di tutto ciò che mi precedeva, di tutto ciò che precede il mio IO, non lo sapevo, non mi era accessibile, non era nemmeno pensabile. Di Luca Bacchi Il testo seguente è la mia personale traduzione di un post scritto da un maestro buddhista Italiano sui punti d'incontro tra la fenomenologia esistenziale heideggeriana e la Prajnaparamita. Io ho preso quel testo e ho cambiato alcune parole sostituendole con la terminologia legata alla tradizione biblica. Siccome dal mio punto di vista l'insegnamento essenziale e "molto nascosto" contenuto nella Bibbia e nei Vangeli è identico a quello di Heiddeger e della Prajnaparamita ma espresso con una terminologia molto differente, ho pensato di farne una traduzione. Ringrazio infinitamente il maestro che ha la facoltà di riuscire a condensare un insegnamento immensamente complesso in poche righe. Grazie Tutti gli enti possibili immaginabili sono definiti nelle sacre scritture con il termine "creature" perchè esistono solo per mezzo "del creatore". Il creatore è la fonte da cui scaturiscono le mille cose del mondo. Creatura significa "fatta dal niente", ovvero differente dal niente. Il creatore rende possibili le creature, ovvero, consente l'essere degli enti piuttosto che niente di essi. Il creatore non è qualcosa, perché se fosse qualcosa differirebbe dal niente e quindi sarebbe una creatura. Il creatore (il creante) il non è "qualcosa" ma non è nemmeno "un niente" E la mia coscienza? E' essa quel creatore che fa apparire dal nulla tutti gli enti? No, perchè essa è altro da niente, quindi è essa stessa una creatura (emergente dal niente) E dunque, dove cercare il termine ultimo del sapere? Lo cercherò in ciò che sa della Differenza tra ente e niente. Quindi in ciò che sà di tutto ciò che ha la facoltà di essere; in ciò che sà anche della mia coscienza. Esiste un sapere ultimo che sa anche della mia coscienza. Questa mia interpretazione della simbologia biblica esoterica, illustra la Differenza attraverso la diretta esperienza della vanità, ovvero la consapevolezza che tutte le creature, i dharma, (tutto ciò che è diverso da niente) sono vani, impalpabili, mortali, passeggeri, sospesi, silenziosi, vuoti. Dio ( il creatore ) è la sapienza ultima circa ogni possibile essente (creatura), ma esso stesso non è essente - e neppure è un mero niente. Il saper dell'essere - Dio, Il creatore - ha senso solo in rapporto alle creature (Dharma) Senza creature, neppure il sapere della vanità delle creature: il Creatore. Così, senza essenti, neppure il saper dell'essere degli essenti. Qui la fenomenologia esistenziale heideggeriana, la Prajnaparamita e questa mia interpretazione della simbologia esoterica biblica, si incontrano. Di Luca Bacchi VANITA' = VANUS = VUOTO QELET 1, 2-11 Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità. Quale guadagno viene all'uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? Una generazione se ne va e un'altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa. Il sole sorge, il sole tramonta e si affretta a tornare là dove rinasce. Il vento va verso sud e piega verso nord. Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento. Tutti i fiumi scorrono verso il mare, eppure il mare non è mai pieno: al luogo dove i fiumi scorrono, continuano a scorrere. Tutte le parole si esauriscono e nessuno è in grado di esprimersi a fondo. Non si sazia l'occhio di guardare né l'orecchio è mai sazio di udire. Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c'è niente di nuovo sotto il sole. C'è forse qualcosa di cui si possa dire: «Ecco, questa è una novità»? Proprio questa è già avvenuta nei secoli che ci hanno preceduto. Nessun ricordo resta degli antichi, ma neppure di coloro che saranno si conserverà memoria presso quelli che verranno in seguito. Di Luca Bacchi Come può parlare dell’essere chi ne fa parte?
come può osservare l’essere una parte dell’essere stesso? Solo ciò che è “altro dall’essere” può considerare l’essere nella sua totalità ma l’ ”altro dall’essere” non esiste, è niente. L’io può parlare dell’essere perchè è “altro dall’essere” L’io è una voragine. L’io è come la pupilla dell’occhio, ovvero un buco, un vuoto e l'essere è ciò che si affaccia su quella pupilla. L’io è voragine, apertura, foro vuoto, buco nell’essere affacciato sull’essere. L' "essere" e il "non essere" non sono grandi uguali L' "essere è immenso. Il "non essere" è un piccolo buco all'interno dell'essere. Il "niente" è ben poca cosa un granello di niente nell'immenso deserto dell'essere Ma è sufficiente a mostrare la differenza Di Luca Bacchi "Filosofia" significa amore per la sapienza
Se la filosofia è l'amore per il sapere allora anche la religione è filosofia; la differenza tra religione e filosofia sta nel metodo di indagine Il filosofo avanza passo dopo passo nel buio mettendo il piede dove riscontra che effettivamente ci sia la possibilità di mettere un piede, e così avanti, si appoggia solo dove verifica che sia lecito appoggiarsi. Il religioso invece, compie un atto di fede; definisce un' ipotetico e ancora non verificato obiettivo da raggiungere (la massima conoscenza possibile), e procede con gli occhi rivolti ad esso chiamandolo Dio. Indipendentemente dall'approccio, sia il filosofo che il religioso compiono un cammino di conoscenza e camminando acquisiscono sapere tramite l'esperienza del loro cammino. Un'altra differenza, (il confine di maggior conflitto tra questi due mondi) è il linguaggio. Il filosofo rabbrividisce davanti a termini come "Dio", "fede", "Sacro", mentre il religioso rabbrividisce quando non si esclude l'esistenza di Dio. Le differenze tra filosofia e religione sono solo nella forma. La sostanza è sempre la stessa, ovvero l'amore e la ricerca della sapienza. Le biblioteche di tutta Europa sono piene di testi religiosi scritti in più di 2000 anni di storia, un sapere immenso che un filosofo farebbe bene a leggere e a non snobbare. C'è chi dice che la filosofia abbia avuto una battuta di arresto con l'avvento del cristianesimo ma tale frase esclude dall'amore per il sapere più di 2000 anni di storia. Quindi è la frase di un anti-filosofo, ovvero uno che ostacola il sapere. Allo stesso modo dico che un religioso farebbe bene a studiare la filosofia anche se non trova scritta da nessuna parte la parola Dio. Di Luca Bacchi -PUNTO 1: In America succede che l’identità americana rappresentata da Trump abbia ceduto il passo ad un potere globalista mondiale rappresentato da Biden
-PUNTO 2: In Europa succede che le identità nazionali abbiano ceduto il passo ad un’ entità sovrastatale denominata Europa. -PUNTO 3: Nella Chiesa Cattolica succede che l’identità pura Cattolica rappresentata da Ratzinger abbia ceduto il potere ad un papa globalista, Bergoglio che sembra voler creare una religione mondiale indefinita in cui tutto è concesso. -PUNTO 4: In Italia e all'interno di tutti i singoli stati del mondo, per via della pandemia, ogni cittadino è chiamato a rinunciare alle proprie esigenze individuali per un' esigenza collettiva. -PUNTO 5: Nella mia azienda è sempre più pressante la richiesta di uniformarsi ad un modello operativo standardizzato, igienizzato, informatizzato, uguale per tutti. -PUNTO 6: Nella mia famiglia chi decide qualcosa in autonomia viene denunciato dagli altri famigliari (......) -PUNTO 7: Nel mio corpo ogni eccesso emotivo/mentale/fisico mi sfinisce e mi fa ammalare. Alcune considerazioni: In questi punti ho percorso un viaggio a ritroso, dal contesto più ampio a quello più intimo, e vedo che in tutti questi contesti l'andamento è lo stesso: L' annullamento di ogni individualità ed il livellamento ad un modello unico. Ogni eccesso o diversità deve piegarsi ad un volere superiore uguale per tutti bello o brutto che sia. In effetti, pensandoci bene….. se io volessi mettere tutto e tutti allo stesso livello, cosa farei? Partendo da una situazione in cui siamo tutti a livelli differenti, non potrei certo intervenire con manovre personalizzate per ogni singolo caso; la prima cosa che farei sarebbe sicuramente quella di effettuare un bel taglio basso per tutti alla stessa altezza come si fa dal barbiere. E’ proprio ciò che sta succedendo! Un taglio basso basso basso, molto basso, per tutti e per tutto. Se però penso alle infestazioni di pidocchi, mi viene da dire che il taglio basso è proprio un toccasana. Non è che siamo infestati da pidocchi e non ce ne siamo mai accorti? (metaforicamente parlando) Forse siamo proprio infestati di pidocchi e questo taglio basso basso è la soluzione più veloce e risolutiva da preferire agli estenuanti trattamenti antiparassitari e all’uso del pettinino a denti stretti in dotazione con lo shampoo. (....risate....) Ciò che ho appena espresso nelle righe qui sopra mi fa riflettere anche sul fatto che il "macro" sia effettivamente espressione del "micro", come diceva Ermete Trismegisto, "come in alto così in basso", io aggiungerei "come dentro così fuori". Le mille forme del mondo sono la proiezione del film sorgente che è dentro di noi, diretto dal più grande regista di tutti i tempi. Dio. Ogni volta che pretendo qualcosa dal mondo, sto andando controcorrente.
Il flusso abbondante e generoso della vita nasce in me e scorre verso il mondo. L'azione coerente che dovrei fare è quella di assecondare tale flusso, ovvero prendere da me e donare al mondo e non prendere dal mondo e donare a me stesso. Capisco quindi che la pretesa di ricevere dagli altri è un'azione totalmente bloccante; è un azione contraria che blocca il normale fluire delle cose, come un tappo. L’abbondanza arriva solo quando mi abbandono a ciò che sgorga naturalmente da dentro di me. Ogni pretesa che ho nei confronti del mondo mi indica esattamente quali sono le parti di me che impediscono il fluire. La pretesa è quindi il paradosso di desiderare ciò che in realtà ostacola l' abbondanza. Da ora in avanti, quando mi scoprirò nell’atto di pretendere qualcosa dal mondo, mi fermerò….. farò crollare quella pretesa e si aprirà sotto i miei occhi quella gioia, già presente, perfetta e priva di ogni bisogno. Di Luca Bacchi Portare l'attenzione su fatti che accadono dall'altra parte del mondo è come scrutare con un telescopio l'infinita vastità dell'universo.
Lo spazio infinito visto da qui è incomprensibile. Allo stesso modo è incomprensibile tutto ciò di cui non facciamo esperienza diretta. Cos'è l'esperienza diretta? L'esperienza diretta è il mio toccare, il mio ascoltare, il mio assaggiare, il mio vedere, ovvero ciò che esperisco in prima persona. Più siamo lontani da un fatto più ci è difficile comprenderlo. Più è lontano l'oggetto della nostra analisi, maggiormente sarà a noi distorta la realtà di quell' oggetto. La realtà si manifesta pienamente solo in ciò che ci è prossimo, ovvero ciò che è prossimo a alla fonte da cui tutto nasce che è in noi. Sapere questo ci dovrebbe portare inevitabilmente alla cautela nell'esprimere giudizi su tutto ciò di cui non facciamo esperienza diretta. Di Luca Bacchi Quando attraverso la pratica meditativa l'uomo fa esperienza del proprio cuore, imparando un pò alla volta con la pratica costante a risiedere in esso, si accorge che il cuore è una porta; la porta da cui tutto ciò che esiste viene alla luce.
Nella pratica meditativa il praticante si ritrae dal mondo indietreggiando fino a questa porta. Inizialmente la percepisce come un muro oltre al quale non si può indietreggiare, una porta sbarrata diciamo, un "fine corsa"; poi tornando e ritornando assiduamente ad essa e permanendo in essa, frequentandola e sentendola più volte, accade che essa si apra, in un momento folgorante e indimenticabile. L'uomo da quel momento si percepirà come "sulla soglia" tra due mondi, tra un mondo umano e un mondo Divino, tra un mondo mortale e un mondo immortale, tra la terra ed il cielo. Ogni uomo è quella porta ma non lo sa, ma se ha fortuna e costanza nella pratica può arrivare a saperlo! Questa esperienza essenziale e originaria di ciò che tutti siamo ci rende tutti uguali. Nella nostra essenza, tutti siamo un'apertura, tutti siamo una porta, indipendentemente dalla nostra cultura, educazione, religione; all'origine dell'esperienza umana, in quel principio, tutti siamo la stessa cosa. In quel "affacciamento" originario che si trova prima di ogni esperienza spaziale e temporale non esiste spazio ne tempo ma un' essere unico, un "tutto indiviso". Credo che l'esperienza della meditazione sia fondamentale per far percepire questa unità originaria tra tutti gli uomini. Una volta fatta l'esperienza della reale unità che sussiste senza dubbio tra tutti gli uomini, credo che anche le relazioni che si andranno a creare nel mondo saranno migliori. Forse una reale fratellanza umana può nascere solo attraverso la consapevolezza piena che l'origine da cui deriviamo tutti è una sola, la stessa per tutti. Abbiamo tutti lo stesso genitore. Questi sono concetti che già si leggono sui libri ma qualora le persone ne facesse reale esperienza attraverso la pratica meditativa, questi concetti non sarebbero più solo una teoria ma una effettiva, reale e quindi indubitabile esperienza. Nella pratica meditativa, quella seria, si arriva a comprende il significato della terminologia Cristiana "Regno dei Cieli" e "Regno degli uomini".
Il regno dei Cieli è lo spazio interiore mentre il regno degli uomini è lo spazio esteriore. Questa differenza è lampante agli occhi dei praticanti di meditazione. Quando noi, durante la pratica meditativa o durante la preghiera, ci ritraiamo dal mondo esteriore e procediamo a ritroso verso l'origine della nostra stessa consapevolezza, stiamo procedendo in direzione del regno dei cieli; quando invece portiamo la nostra attenzione su ciò che è esterno a noi , oggetti, persone, enti, le mille cose del mondo, appunto, stiamo procedendo verso il regno degli uomini. A conferma di questo osserviamo che con il termine "convertito" si indica proprio colui che ha invertito il suo senso di marcia. da maggior valore alle cose dello Spirito rispetto a quelle del mondo materiale. In Luca 17,21 è scritto che il regno di Dio è in noi (a volte viene tradotto "in mezzo noi") quindi più ci allontaniamo dal nostro centro più ci allontaniamo da Dio che è la fonte di ogni cosa. "Conosci te stesso" diceva l'oracolo di Delfi, e Gesù ci dice esattamente la stessa cosa in un'altro linguaggio. L'importanza della via meditativa è trasversale a tutte le religioni e culture. Per trovare la vera pace e la vera gioia l'uomo deve percorrere un cammino a ritroso dentro di se, invertendo la propria attenzione dalle cose lontane a quelle più vicine che maggiormente lo riguardano, fino all'origine del proprio essere, fino al centro del proprio cuore, da cui ha origine tutto ciò che esiste. |
Categorie
Tutto
ArchiVIO
Gennaio 2021
|