Mi sveglio presto, senza sveglia, è domenica mattina.
Alle 7:50 circa apro gli occhi e non mi riaddormento più. Vado in sala, il disordine sul tavolino lasciato ieri sera mi disturba così metto a posto e mi sento subito meglio. E' il momento della preghiera, rituale che porto avanti da alcuni mesi con costanza tutte le mattine. Mi metto in posizione sul tappeto rivolto ai miei oggetti sacri, Buddha, la Bibbia, il Vangelo. Chiudo gli occhi e attendo il momento. Sento che non devo pregare ma meditare, così mi giro verso il muro bianco alla mia sinistra e inizio con lo Zazen. Occhi aperti mani giunte, presente a me stesso, osservo me stesso, osservo i moti interiori, i pensieri, le emozioni, le sensazioni del corpo da un punto di osservazione distaccato. Creo il testimone e resto in questo ruolo. Ogni volta che la mente fugge altrove io ritorno incessantemente alla presenza, mi identifico col testimone e non più con la mia mente ne con il mio corpo, divento il testimone di me stesso e resto li. Presente a ciò che accade ora. 50 minuti. Poi mi alzo e dico.... vado a messa! Senza averlo programmato. Guardo su internet a che ora inizia la messa a Pioppe di Salvaro (Marzabotto -BO), inizia alle 10:30 e sarà celebrato anche il 50esimo anniversario di matrimonio di due parrocchiani. Sono in orario ma devo muovermi. Preparo la moka, la metto sul fuoco, vado a vestirmi, bevo il caffè, lavo i denti e parto. Arrivo, mi siedo, la chiesa è semi vuota. Entra il parroco, è Don Arrigo, un pò acciaccato, accompagnato da un signore. Non me lo ricordavo così vecchio. Inizia la messa, arriva atra gente e la chiesa si riempie. Inizialmente le parole del parroco sono lente e strozzate, non è ancora riuscito ad aprire il canale per far si che tutto scorra dall' alto attraverso di lui. Per fortuna la messa è un rituale anche schematico quindi si affida allo schema e iniziano le letture. Dopo la seconda lettura del vangelo, in cui Gesù dice "date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio", don Arrigo si connette e la sua parola inizia a fluire generosa emozionante e coinvolgente. Parla di denaro, di valori, di cosa per noi ha valore e a cosa noi diamo valore e sul fatto che forse non ci domandiamo se in verità stiamo dando troppo valore ad alcune cose e poco ad altre. Cosa per noi ha valore è una domanda da porsi e la risposta che diamo dovrebbe concretizzarsi nelle azioni che realizziamo. Così è entrato nel discorso della relazione e dell' amore tra persone, celebrando la coppia che festeggiava il 50esimo anniversario di matrimonio. L'amore che ha un fine materiale, che ha un fine di interesse, che ha un fine personale, che soddisfa un bisogno egoistico è un amore che muore, in ultimo, non è nemmeno un vero amore. L'amore vero si esprime nella gratuità, ovvero nella perdita della motivazione egoica. Non si tratta di annullarsi per l'altro ma piuttosto di mettersi al servizio non dell'altro ma della "relazione". L'amore non deve essere mosso da un bisogno personale, nemmeno dall'annullamento di sé nel darsi totalmente all'altro, ma da un SERVIRE la relazione. E' la relazione la massima forma dell'amore e l'uomo deve mettersi al servizio affinché la relazione, lo scambio, il confronto, la trasmissione di energie, l'arricchimento reciproco, l'evoluzione di entrambi, ecc, ecc, possano verificarsi e alimentarsi. Chiudersi in se stessi è la morte dell'amore. Dedicarsi totalmente all'altro è la morte dell'amore. Servire la relazione è la massima espressione dell'amore. Questo servizio è un servizio quindi gratuito, perché non alimenta l'ego personale, nel l'ego dell'altro, ma alimenta l'unità di cui tutti facciamo parte. Alimenta la consapevolezza della vera nostra natura , che è l' essere Uno con gli altri. Gratuità. Abbandonarsi fiduciosi alla relazione. Metterci al sevizio di qualcosa che ci trascende, qualcosa di più grande di noi, questo qualcosa è la relazione. Così, nel vedere questi due anzianotti uno accanto all'altro e tutta la comunità intorno che li festeggiava, è sorta in me l'emozione, le lacrime sono scese copiose sulla mia faccia. Ho cercato di controllare questo fiume emotivo ma ho dovuto ad un certo punto fregarmene dell' imbarazzo della mia mente. Accanto a me una ragazza piangeva e si soffiava il naso. Mi piace pensare che anche lei abbia "ceduto", contro le resistenze della mente, nonostante l'imbarazzo e l'ego le dicessero che non era il caso di piangere in pubblico. Sono rimasto presente al mio pianto, al pianto della ragazza, al pianto di alcune persone alla mia sinistra, ho sentito la connessione con le persone intorno e la commozione di tutti è stata quindi così condivisa. Ho visto come la mia mente fino all'ultimo ponesse resistenza, fosse imbarazzata, temesse il giudizio, incredibilmente condizionata da infiniti fattori, tutt'altro che libera. Se fossi rimasto identificato con essa avrei mantenuto la faccia di gesso per tutta la cerimonia e sarei uscito esattamente come ero entrato, separato da tutto e da tutti. Così, grazie all osservazione distaccata ho potuto "non ostacolare" ciò che accadeva, non mi sono messo di traverso al normale fluire delle cose e ho vissuto pienamente questa esperienza lasciandomi da essa attraversare, diventando io stesso "relazione".
0 Comments
Leave a Reply. |
Categorie
Tutti
ArchiVIO
Settembre 2024
|