Maestro, perché? Risposte dall'invisibile (Scuola del cerchio Firenze 77 - Ed. Mediterranee)
Ciò che ogni uomo deve fare è conoscere se stesso continuamente, tenere desta l'attenzione sui propri pensieri, i propri desideri, i propri intendimenti, analizzare le ragioni per le quali si muove in un senso o nell'altro, compie determinate azioni, ha certi pensieri e desideri ma non volendo cambiarli allorché scopre che questi desideri o pensieri, secondo i canoni della morale comune, possono essere deplorevoli o deplorati. Niente di tutto questo. Deve semplicemente rendersi continuamente conto di ciò che si agita nel suo intimo, e basta. Non bisogna cercare di cambiarsi violentando se stessi (tranne un caso che poi dirò): colui per esempio che credendosi crudele volesse cambiare se stesso, lo farebbe per cercare di migliorarsi, nel senso di meritarsi qualcosa; ma questo rientrerebbe in quella promessa egoistica di cui prima si parlava: mentre il volersi cambiare deve avere il solo e unico scopo - lo ripeto ancora una volta - di migliorare il mondo attraverso il miglioramento di se stessi, senza attendersi alcuna ricompensa. Quando l'uomo meditando su se stesso, scopre in sé una serie di difetti, non deve cercare di violentarsi per non avere più difetti, ma deve prendere atto delle sue limitazioni, e, attraverso il meccanismo del porre attenzione e del capire, giungere al comprendere e al superare. Tale processo avviene all'insaputa dell'individuo stesso, tanto che ad un certo momento non sa più se veramente in lui si sia operata una trasformazione oppure se tutto sia rimasto come prima. Ed è giusto che sia così, perché il vero cambiamento, la vera trasformazione avviene attraverso il mutamento del proprio essere intimo , interiore, per cui chi agisce non se ne accorge e non ne è consapevole. E se, per esempio, c'è da fare qualcosa per aiutare una creatura, lo fa spontaneamente, senza riflettere e dire: "Faccio questo per aiutare una creatura". Una riflessione di questo genere è il segno di un divenire, non di un essere; segue un atteggiamento, non un intimo e spontaneo sentire. E' giusto , però, che nel momento in cui qualcuno di voi agisse secondo un impulso e con questa sua azione avesse a portare danno ai suoi simili, è giusto che cercasse di reprimersi. Solo in questo caso, dicono i maestri, è consentito violentare se stessi, per non danneggiare gli altri; ben sapendo però che questa violenza a se stessi non serve per crearsi dei meriti in un ipotetico paradiso o per distruggere i segni di precedenti karma negativi. Questa violenza a se stessi semplicemente ciò che si deve fare per non danneggiare gli altri, e nient'altro. Allora, l'unico mezzo per superare i propri limiti e raggiungere la cosiddetta liberazione, è quello di conoscere se stessi. E per conoscere se stessi è necessario esercitare una costante consapevolezza sei propri pensieri, delle proprie azioni, dei propri desideri, dei propri sentimenti; prendere atto delle ragioni che spingono a pensare, a desiderare, ad agire e a sentire in quel certo modo, essendone costantemente consapevoli; fino a che, attraverso un naturale meccanismo o automatismo ( il termine è brutto ma è vero ), dalla costante consapevolezza, dall'attenzione sostenuta si passa al capire, al comprendere, all'assimilare e superare. Non vi preoccupate a che punto siete della vostra liberazione, quanta strada avete ancora da fare. Occuparsi di questo, cari, significa che avete ancora in vista un traguardo, un amata, che volete raggiungere per poi dire: "io sono un uomo liberato". Non ve ne preoccupate affatto. Quello che dovete fare è solamente conoscere voi stessi. La liberazione giunge quando deve giungere, e a vostra insaputa. Maestro, perché? Risposte dall'invisibile (Scuola del cerchio Firenze 77 - Ed. Mediterranee
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Gennaio 2025
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