"L’ultima parola rivolta ad Arsenio è: QUIESCE, <<riposati>> o << entra nel riposo>>.
I monaci latini, particolarmente i certosini, indicano nella <<quies>> lo scopo della vita cristiana; è traduzione di ciò che i monaci greci chiamano esichia, gli ebrei <<shalom>; è la pace di Dio. <<Trova la pace interiore, diceva San Serafino, e una moltitudine verrà salvata con te>>, come se la salvezza di tutti dipendesse dal nostro stato di pace interiore. Se crediamo all’interrelazione di tutte le cose - <<impossibile sollevare un filo di paglia senza disturbare una stella>> - possiamo essere certi che un essere di pace comunica la sua calma e serenità al mondo intero. Non si medita mai solo per sé. D’altra parte, nel libro della Sapienza è detto che <<Dio cerca fra gli uomini un luogo per il suo riposo>>; l’uomo in pace è dimora di Dio. Si comprende così l’importanza dell’esichia presso gli anziani; senza di essa Dio non può dimorare in mezzo agli uomini, poiché la fuga dall’agitazione, il silenzio delle labbra e del cuore non hanno altro scopo che condurre a questo riposo. E’ il senso del Shabbat, il riposo del settimo giorno. L’uomo ha ricevuto una missione diversa da quella di fare, del produrre e dell’accumulare averi, sapere e poteri. La sua missione è essere sempre più vicino a Colui che è l’essere stesso, al punto di fare uno con Lui. L’uomo lavora per potersi riposare, tutti i lavori del deserto non avrebbero alcun senso se non fossero calamitati da questo sacro senso dell’esichia. Il rispetto del Shabbat è un comandamento; è qui che l’uomo, al di là della classe cui appartiene, al di là delle sue maschere e delle sue funzioni, ritrova la propria identità di figlio di Dio. Il più ignorato e più importante dei diritti dell’uomo è il diritto dell’uomo alla contemplazione. Ma contemplare, lasciar essere Colui che è, rimanere nella pace, non sono attività così semplici da praticare, sono il frutto e il segno di una personalità in armonia con se stessa - pur nelle difficoltà del quotidiano - e soprattutto in armonia con Dio riconosciuto come il Principio di tutto ciò che accade. Molti, a forza di cercare la pace, hanno perso ogni riposo! A forza di solitudine e di silenzio alcuni non hanno trovato nel deserto che insensibilità e indifferenza, il loro cuore di carne è diventato un cuore di pietra; altri finiscono la loro vita da maniaci, megalomani o depressi, quando non crudeli o disperati… La pace del cuore è il desiderio di tutti ed è l’espressione meno comune. QUIESCE. Occorre forse prendere questa parola innanzitutto nel senso fisico di <<distenditi>>; una certa tensione, sia essa di ordine muscolare o nervoso (d’altronde, entrambe sono collegate fra di loro),può impedirci non soltanto di stare bene, di aprirci agli altri, ma anche di essere permeabili ad un altra dimensione. Un monaco ortodosso contemporaneo diceva:<< Non si prega allo stesso modo con le natiche strette o con le natiche distese>> e aggiungeva: <<Dio è il medesimo, sia che siamo costretti o distesi, è vero, ma l’uomo teso è meno disponibile ad accogliere la sua Presenza; Dio è dappertutto, è esatto, ma Dio è dappertutto solo dove lo si lascia entrare>>. Distendersi è aprire sempre più le porte, siano queste sensoriali (le porte della percezione), affettive o intellettuali. Cerchiamo di ricordare un momento di distensione vissuto a contatto con la natura:<<Dove cominciava la terra, dove finiva il mio corpo?>> La distensione nel deserto non è cercata per il benessere che essa procura, ma come mezzo di ricettività all’altro, al tutto Altro; si può anche dire: <<mollare la presa>>, sciogliere l’influenza dell’ego, smorzare a volontà di riuscire a tutti i costi, fosse pure nella meditazione o nella preghiera. E’ nota la storia di quell’uomo che spingeva, spingeva per aprire la porta; quando si fermò sfinito, la porta si aprì…nell’altro senso…Si crede di cercare Dio quando è Lui che ci cerca; il nostro compito non è penderlo, è accoglierlo. Il dramma di Prometeo fu di volersi impadronire del fuoco che Dio voleva donargli; cercando di prenderlo, diventa incapace d riceverlo. La libertà e la pace del cuore non sono realtà acquisite, ma doni ricevuti, doni che sfuggono nel momento in cui si pensa di possederli; fra i monaci vi sono molti Prometeo che partono all’assalto di Dio come di un alta montagna; essi non hanno conosciuto il riposo, la <<quies>>. La grande nemica del riposo è la preoccupazione; già Gesù chiedeva ai suoi discepoli di non preoccuparsi e dava loro come modello gli uccelli e i gigli del campo: <<Non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e anche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, némietono, néammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate rima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani ha già le sue inquietudini. Ciascun giorno basta la sua pena>> (Mt 6,25-34)." (tratto da : L'esicaismo , che cos'è, come lo si vive - JeanYves Leloup - Ed Gribaudi) #LIBRI
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Settembre 2024
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