Frequentavo con impegno un corso di meditazione e raja yoga a bologna.
La meditazione è stata un grande incontro. Cercai la meditazione nel 2011 perché mi accorsi che esistevano potenzialità in me e nel mondo circostante che non stavo sfruttando. Così la meditazione mi parve la via più sensata per capire e per utilizzare tali potenziali. Nel 2013 lessi per l’ennesima volta una poesia giapponese che non mi aveva mai colpito particolarmente ma che trovavo sotto i miei occhi ciclicamente perché era stampata in un volantino del centro di meditazione che frequentavo. Questa volta la poesia non mi lasciò indifferente ma apri una porta su una nuova prospettiva. La poesia recitava: -Maestro, i fiumi, le montagne, le centomila cose, da dove nascono? -Figlio mio, questa tua domanda, da dove nasce? E’ un botta-risposta tra maestro e allievo. Come spesso accade il maestro non risponde con una frase chiarificatrice ma rilancia e lascia l’allievo in uno stato di “sospensione”, di “non conclusione”, “di ricerca”. La conoscenza si tramanda in maniera esperienziale e non concettuale, il maestro infatti rilancia con un domanda per far si che alla risposta ci arrivi l’allievo stesso, sentendo sulla sua pelle la portata della comprensione avvenuta. Accadde a me. Quella risposta del maestro fu in realtà rivolta a me e mi trovai in quello stato di “apertura” ad ogni possibilità. Così, come un salto quantico, nelle mie cellule si fece strada la comprensione dell’origine unitaria di tutto. I fiumi, le montagne, le domande stesse, io, tutto, proprio tutto. Tutto fu sospeso, congelato per un istante. Tutto fu. La mente poi cercò di normalizzare l’accaduto e L’IO riemerse fortemente. Così tornai al divenire e mi sentii attraversato dalla vita. IO ero l’anello che collegava l’origine con il termine di tutto in una prospettiva temporale e spaziale. Sentii nelle viscere la soggettività di ogni esperienza e vissi un senso profondo si solitudine. Il passaggio successivo fu quello di cogliere l'occasione, ovvero: se tutta l’esperienza è soggettiva e quindi tutto parla di me, perché non osservare il mondo cercando di comprendere me stesso? Vissi tre giorni in questo stato alterato. Saltando tra il senso di solitudine profondo e la curiosità di conoscere me stesso attraverso gli altri. E vidi chiaramente me stesso negli altri. Vidi lo specchio. Ne fui incantato. E mi sentii nuovamente solo. POrtatore di un esperienza unica che nessun altro può vivere. Piano piano l’intensità di questa esperienza si esaurì ma la cicatrice ormai era fatta e non andrà mai più via. Luca (Foto: Parco di Monte Paderno - BO - 2011)
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